lunedì 14 dicembre 2009

AD QUID?

Senilità t'ingiunge
di arricchirti lo scibile
di letteratura, d'arte
e di filosofia;
spazi da Croce a Vico,
non tralasci Spinoza
nè Sant'Agostino.
Inzuppi il senno
nel bagaglio culturale
e non t'avvedi che
sprofondi in nullità;
infatti il " dunque "
a che ti servirà?
Non t'è sufficiente
il " cogito ergo sum "
per il riscontro della personalità?
Proiettarla vorresti nell'eternità?
Di Stuart Mill il positivismo
non t'ha lasciato alcun pragmatismo...
Ti espongo l'obbligo
della proposizione:
" Memento homo quia pulvis es... "

UNA BUGIA DI BISCUIT

Quale che sia stato il mio giorno,
avanti il sopraggiungere del notturno
oblio, uso racoglierne i cocci
per ricomporre la trama dell'Io.
Alla pattumiera della memoria affido
i vetrei cocci delle contrarietà più amare,
di un torto ingiustamente subito,
di una meschinità di chi credevo amico;
quelli opachi per la quotidiana routine.
Per lo scrigno dei sentimenti serbo
policromi cocci di rilucente cypraea:
uno sguardo di intesa còlto
negli occhi di chi amo,
un sorriso di riconoscenza sorpreso
sulle labbra di chi più m'è caro.
M'ingegnerò per forgiare l'animo
a crogiolo di tutta la palcottiglia;
per la sua ultima sera
spero di aver pronta
di squisito bisquit una bugia
che mi regga una fiammella
per il buio dell'eterno oblio.

IL RIPOSO DEL GUERRIERO

Strada facendo
la grinta altera
s'è stemperata
in amari rivoli di riso.
Al chiodo appesa
col fodero la spada,
lo scudo al braccio
disposto alla difesa.
Del guerriero indomito
restano poche tracce,
solo gli occhi vividi
forano la celata:
non danno corpo
alle ombre, forse
inseguono fantasmi...
Ma nel petto un fuoco
pulsa sotto la cenere
pronto a divampare...
La scintilla?
Forse rabbia.
Spero amore.

GABBIANI A MERGELLINA

Tristezza azzurra
negli occhi tuoi pensosi
si stempera nei ghirigori
dei gabbiani in volo
sulla salva dei pennoni
di cento cabinati.
Solare nella statica del tempo
il panorama del golfo,
la tua essenza par che irrida
mentre il tuo passo lento
già s'accosta alla fermata.
Scendere, lasciare, annullarsi...
i verbi - tipo da conuigare!
E allora?
Inerte aspetterai lacrime e fiori?
Le strida - squilli di tromba -
dei pennuti alati
ti scuotono: l'angoscia
inabissano nel profondo
mentre declamano
sul frangersi delle onde
un messaggio beneaugurante:
" Azzurro un vessillo issa
sulla tua barca e vai...
Hai ancora un bel tratto
di mare da navigare. "
No!
Non ci sto a marcire sotto le nebbie
mentre i fiori,i passeri
le rose e i gelsomini
le ombre fanno all'imbrunire.
No!
Non voglio, non sopporto
nel nulla scomparire...
Ho vissuto inutilmente?
A cosa mi è servito?
Voglio il sole dell'eterno divenire
e sul mio loculo
la parola AMORE,
a caratteri cubitali,
voglio
che non faccia rima
con la parola fine.



ETERNITA'

Nel mare dell'infinito
una goccia tu ed io;
men che un battito d'ali
il tempo della nostra vita;
un episodio di un minuto
secondo il nostro amore.
Eppure...
Io seme, tu terra
ad altre vite
il nostro amore
ha dato vita;
io e te: trait d'union
tra il finito e l'infinito.

LOTTA PER L'ESISTENZA


Talvolta sono il leone
che rincorre la gazzella:
debbo vivere.
Più spesso, col fiato grosso,
scappo dal leone:
debbo sopravvivere!
Solo di rado
per poco mi fermo
a contemplare il cielo
sopra di me:
allora soltanto
mi ritrovo Uomo.

lunedì 7 dicembre 2009

ESULE IN PATRIA

Note dolenti
sono le tue strida,
gabbiano pellegrino:
lacerano l'aria
su per i tetti e gli abbaini
delle case cittadine.
Furono gaie
gioiose di trilli
quelli di ieri
sulla bianca scogliera
nella quiete marina.
Non hai parola
ma le tue strida
dicono il pianto
dell'esule ramingo
cacciato dal nido
degli anfratti pietrosi
che il cemento selvaggio
impietoso ha ostruito..
Ora qui sul tetto di fronte
immobile poso tranquillo
ma in atto di sfida
rassegnato, non vinto.
Mentre io ancor oggi
mordo il freno inquieto:
non riesco a smaltire
dei veleni il malessere
che la città ci propina.
Esule in patria
mi ritengo un vinto.